“II tamburo principal della banda d’Affori, che comanda cinquecento- cinquanta pifferi..”. Le note della popolare canzonecontribuirono a rendere effervescente quella serata del 16 agosto di ventun anni fa, quando, in una stracolma piazza dei municipio, veniva assegnata la cittadinanza onoraria di Santa Margherita Ligure a Erminio Macario che, benché piemontese di nascita, era sammargheritese per adozione, avendo scelto questa città come dimora, risiedendo prima in una villa di Via del Sole – strada che ospita anche un illustre personaggio dello sport – poi in un appartamento dei centro.
Per oltre cinquant’anni Macario aveva calcato le scene dei teatri di tutt’ Italia con un genere di spettacolo oggi scomparso e completamente dimenticato: la rivista. Per decenni fu un comico allo stato puro, uno dei pochissimi capiscuola del teatro di questo secolo, un attore dotato di una personalità ed un intuito davvero eccezionali. Nello spettacolo era un professionista preparato, ma, soprattutto, un comico poeta, perchè le sue ingenue e disarmanti battute erano dolci ed entusiasmavano le platee. E’ difficile parlare dell’uomo di spettacolo senza scindere la sua personalità. Fuori dalle scene, nella vita di tutti i giorni, l’attore poteva sembrare scontroso. Ma non era così.Tolta la scorza, ritornava il personaggio pubblico di sempre pronto alla battuta scherzosa. Come ha amabilmente scritto di lui la giornalista Serena Bassano, Macario “era impastato di teatro, nato per il palcoscenico, e su di esso vissuto e, quasi, morto”.
La sua era “una comicità che ha il sapore del pane fresco, appena sfornato, sano, genuino, semplice, non sofisticato, nè adulterato”. Le felici battute somigliavano alle marachelle di un ragazzino: erano sintetiche ed efficaci. Il suo successo fu sempre un trionfo. In mezzo secolodi attività questo gigolo inventò innumerevoli macchiette e lanciò tante soubrettes, divenute tutte celebri (le famose “donnine”: da Rita Pavone a Lauretta Masiero, da Delia Scala a Tiziana Pina, la soubrettona dell’ultimo Macario). Nelle sue riviste teatrali, tra macchiette e donnine, ingenuità e malizia andavano a braccetto e si sposavano nella comicità. Quel genere di comicità fece epoca anche se finì col tramontare, con l’affermarsi della televisione. In quella serata dei Ferragosto 1976 ad applaudirlo a Santa Margherita Ligure non vi erano soltanto quelli che lo avevano conosciuto sulle scene teatrali ma anche molti altri, giovani e non giovani, che poterono apprezzare in quell’occasione la sua simpatica personalità di “piccolo grande uomo”. II 25 marzo 1980 il sipario calò per sempre: la recita terrena di Erminio Macario era terminata. Con il suo smagliante sorriso, il ciuffo eternamente ribelle, la manina protesa nell’inconfondibile gesto di saluto: così verrà ricordato con affetto. Per una vita fece divertire gli italiani. Anche se la vita, per lui come per tutti, non fu sempre spettacolo.
Erminio Macario
1902 – 1980
Portofino, un Mondo a parte.