Tra i suoi tanti ricordi Gottaamava raccontare la sua prima a Portofino. “Ero a Santa Margherita in visita a Pastonchi e al maestro Giordano; nel pomeriggio si decise di fare una passeggiata e, conversando, arrivammo sin dopo Paraggi. Lì uno dei due si fermò per dire: “dopo quella punta c’è un villaggio di pescatori, Portofino, non vale la pena di arrivare fino a là, possiamo tornare“. Passò qualche tempo, questa volta Gotta venne a Portofino invitato da Raffaele Calzini, già giornalista famoso del Corriere della Sera, e qui ebbe inizio l’innamoramento di Gotta, perchè tale fu, per la splendida Portofino. Affittò una casa, il San Martino, che è una villa subito dopo il Piccolo Hotel, dove già aveva soggiornato Hauptmann, il drammaturgo tedesco che abbiamo già ricordato.
In quell’epoca il suo soggiorno era prevalentemente estivo, in inverno ritornava a Milano, nella sua casa di via Boccaccio. Calzini e Gotta cominciarono a scrivere di Portofino sui giornali e a farlo conoscere agli italiani che allora privilegiavano altri lidi: Viareggio, Venezia, Capri. Bisogna ricordare che la nostra riviera doveva la sua fama al buon clima, i soggiorni erano prevalentemente invernali e gli ospiti, nella maggioranza, stranieri. La colonia straniera che aveva scoperto Portofino non amava farlo conoscere. C’era una sorta di gelosia per una scelta elitaria, per un club molto restio ad accettare nuovi soci tranne pochi genovesi che per il loro traffico avevano dimestichezza con l’inglese e che di questi ultimi condividevano i modi e l’atteggiamento di sufficienza per ogni tentativo d’intromissione.
Gelosia che tutt’oggi risiede nella maggior parte dei “nostri” ospiti. Ognuno sente Portofino come sua. Ora Gotta ruppe, se si vuole, questa cortina con la sua opera di divulgazione. Durante la guerra Gotta si trasferì definitivamente a Portofino assieme alla moglie Adelina e all’anziana madre. II suo unico figlio Massimoera in guerra ufficiale dei Savoia Cavalleria, e fu uno dei protagonisti della famosa carica in Russia. Gotta viveva insieme ad altri amici in una casa che verrà chiamata l”Alcazar”, poi distrutta da un bombardamento in cui trovarono la morte diversi portofinesi; successivamente si ritirò al San Giuseppe in una sola stanza con la moglie e l’anziana madre. Alcuni episodi di questo periodo sono raccontati in “Macerie a Portofino” scritto nell’immediato dopoguerra. Passata la bufera, affittò un’altra casa nel centro dei paese con un piccolo giardino, “Villino Aranci” e da allora si allontanò sempre meno dal paese sino a lasciare definitivamente l’appartamento a Milano. Assunse la caricadi presidente della neonata Azienda di Soggiorno, presidenza che tenne validamente per molti anni e che lasciò a malincuore per una questione di lottizzazione politica.
Negli anni 50, gli anni della “Dolce Vita” famosa in tutto il mondo di Portofino, Gotta contribuì indubbiamente alla crescita turistica dei borgo e alla sua affermazione nei firmamento del jet-set mondano. Si ricorda seduto al cafè Excelsior in Piazzetta, nella foto, ora restaurato come allora, davanti all’immancabile Bitter Campari con tanti amici letterati, giornalisti, attori registi, fra cui Laura Adani, Renzo Ricci, Eva Magni, Luchino Visconti, la sarta Biki, Fosca Leonardi, Giovanni Mosca, Orio Vergani, il suo editore Arnoldo Mondadori – altro celebre amante di Portofino che possedeva un appartamento proprio in Piazzetta – eMario Crespi, allora proprietario deiCorriere della Sera, il quotidiano più importante in Italia.
Nei lunghi inverni il “commendatore” Gotta, come sempre lo chiamavano i portofinesi, amava conversare con marinai e pescatori, raccontare le sue storie ed ascoltava le loro, portofinese tra portofinesi. In questo amato “buon ritiro” continuò a scrivere fino ai suoi ultimi giorni i molti libri in cui parla di Portofino e tanti articoli sui giornali. Nel famedio della Chiesa di San Giorgio, sul vialetto d’accesso al piccolo cimitero sul mare, una targhetta lo ricorda: Salvator Gotta amò e visse Portofino.
Portofino, un Mondo a parte.