Portofino era, per la maggior parte, posseduta da quattro famiglie, una delle quali era quella dell’imperatrice del Romano impero: ciò che sapevo si è rivelato attendibile per un buon 80% , come sarà evidente di seguito. Grazie al professor Francesco Berlingeri, che è l’attuale proprietario della villa il Castelletto, sono venuto in possesso atti notarili autentici che ci consentono di capire come i primissimi stranieri, che il console Brown portò a Portofino già nella seconda metà dell’800, avessero ben studiato la fondazione della loro “colonia turistica” nella Penisola e nella collina che, dal castello San Giorgio, arriva sino alla valle del Vexinaro ed in località Prato. Il primo pioniere fu appunto il console Brown che acquistò la fortezza di San Giorgio ed altre abitazioni, anche rurali, formando una specie di feudo. Convinse poi lord Carnarvon a comprare dai Benvenuto, della famiglia di Cesira, un grosso appezzamento di terreno che confina con il castello San Giorgio dei Mumm: qui, nella seconda metà dell’800, il lord si costruì una villa che oggi si chiama villa Altachiara. Carnarvon portò a Portofino un altro inglese, il cavaliere Stefano Licce, consigliere dell’Ambasciata britannica, e un terzo facoltoso personaggio di nome Giovanni Bond, un irlandese residente a Londra. Questi tre personaggi misero in atto un vero e proprio “piano immobiliare”, realizzandolo alla perfezione: riuscirono ad acquistare tutta la Penisola da grandi e piccoli proprietari, fatta eccezione per la proprietà Brown e quella degli Oneto, che consiste nella casetta sotto la fortezza del castello Brown e nel ristorante Aurora.
Attraverso una serie di permute degli immobili, il 9 giugno 1899 a Rapallo, con atto n.104 del notaio Giuseppe Bontà, questi tre personaggi riuscirono a rendere totalmente indipendente l’una dall’altra ogni villa da loro realizzata, acquistando anche le parti di transito e le servitù di passaggio e liberandole così da ogni vincolo. Come si è visto prima, risulta che lord Carnarvon ebbe un grosso lotto che poi vendette alla signora Sella Trossi di Biella, un secondo lotto lo prese il signor Bond, cioè la villa Bond sopra l’Olivetta, Stefano Licce diverse ville della Penisola, il castello Mumm i Mumm e la villa San Martino fu acquistata dai Basso. Il Lettore potrà facilmente controllare che negli acquisti di questi personaggi risultano i nomi degli antichi portofinesi citati nel mio elenco. Quando lord Carnarvon si ritirò definitivamente da Portofino, la strada del turismo di villeggiatura era ben tracciata e una parte della storia di Portofino come “buen retiro” già scritta. Per questa breve sintesi del lavoro già programmato, devo ringraziare il signor Bergamini, che ha fatto ricerche tanto preziose da ottenere l’obiettivo che mi ero prefissato, cioè conoscere la storia delle proprietà e dei proprietari di Portofino. Non conosco bene la storia soltanto di una cinquantina di piccoli proprietari locali, spesso nominati nei miei racconti e che erano armatori, mugnai, avvocati, prelati ed altri personaggi che hanno contribuito anche loro a rendere il nostro Borgo quello che è. Nella storia della Chiesa, è stato importante il nostro cardinale Magnasco. A supporto della mia ricerca, ho consultato: – 18 Atti notarili dal 1882 fino ai tempi nostri, – il Bando del tribunale di Chiavari, datato 24 luglio 1917, riguardante la vendita delle proprietà dei baroni Baratta, – la donazione dei Piaggio Tonolli del 4 luglio 1980, redatta a Genova dal notaio Andrea Cassanello, – l’Atto di vendita del castello Brown, fortezza di San Giorgio, al comune di Portofino, – il libro “Saggio storico di Portofino“, 1876, Genova, dove si legge dei beni che appartenevano alla famiglia Prato.
INTRODUZIONE Sono anni che penso di lasciare una storia locale del Borgo che non sia solo quella letta sui libri, ma anche e sopra tutto quella vissuta dal sottoscritto. Dalla mia infanzia fino ai tempi nostri, avendo abitato sulla Calata Marconi al secondo piano del n°25, ho conosciuto i personaggi che hanno abitato Portofino e ho frequentato da bambino i vecchi pescatori e marinai. Insieme a mio padre, ho esercitato il mestiere di tenutario di barche, quindi i nostri clienti erano gente facoltosa proveniente dal triangolo industriale Ge-Mi-To e altri erano clienti stranieri, provenienti da diversi continenti. Non si conoscono le origini di questa terra, né da quando fu abitata: in conseguenza di conflagrazioni politiche e di circostanze sfavorevoli, l’archivio del Comune, che conteneva notizie di oltre due secoli di storia del Borgo, fu dato alle fiamme da alcuni fanatici duranteil falò di San Giorgio. Come ho già ricordato nel mio primo libro “Cronache di Portofino“, questa ricorrenza si festeggia tutti gli anni il 23 aprile e quella volta furono bruciati non solo tutti gli incartamenti della comunità, ma anche gli arredi degli uffici, provocando un danno irreparabile. Si dice che i Dogi della Repubblica genovese, quando le figlie si sposavano, dessero loro in dote una proprietà che consisteva in una casa padronale e una grande superficie di terreni con vari rustici. Le case rurali erano abitate da contadini con diverse “culture agricole”: veniva così costituita una rendita che garantiva la sopravvivenza dei signori.Questi lotti erano composti da oltre 10 “fuochi”, cioè 10 famiglie, con mulini da grano, frantoi da olio, mulini da crusca, che serviva per tinteggiare le reti da pesca, ed altre granaglie, boschi da legno come castagneti, pinete ed altri da cui si poteva ricavare tutto il materiale per la costituzione dei vigneti, ecc. Il fatto è che questa terra gareggia con qualunque altra fra le Liguri per antichità, essendo sempre stata in una posizione geografica di interesse internazionale, anche perché la Natura ha donato a Portofino un suo porto naturale, di mediocre grandezza, ma atto a ricevere bastimenti di grande portata perché molto profondo e con un fondale di grande tenacia per fermare solidamente le ancore. Inoltre, è difeso da tutti i venti, eccetto il grecale, e situato a 44°17’54” di lat. Nord e 6°52’28” di long. Est: il porto è largo 150 mt. e lungo 350 mt. e nell’imboccatura ci sono 15 braccia (1 braccio = circa 1,50 mt.) di fondo. Nel 1300, il convento della Cervara era amministrato dai Frati Bianchi di Montecassino i quali, raccontava mio nonno, gestivano una flotta di velieri da trasporto di 99 unità. Il centesimo veliero in oro era invece conservato nel convento. Mio nonno diceva che i loro traffici in mare, oltre il trasporto di generi di ogni tipo e qualità, erano costituiti dal trasporto di passeggeri importanti come prelati, imperatori ed altre persone importantissime di ogni tipo, dei quali garantivano l’assoluta sicurezza.
Quando i bastimenti transitavano con il cattivo tempo sulla rotta dalla Toscana a Genova, spesso si rifugiavano nel porto di Portofino o alla fonda della Cervara. A volte, per il perdurare del cattivo tempo, dovevano fermarsi anche per lunghi periodi e il Convento serviva loro come sicuro albergo. Bisogna considerare che fino al 1905 non esisteva, a parte i sentieri del Monte, nessuna strada carrabile di collegamento con le cittadine limitrofe e, quindi, Portofino era raggiungibile solo via mare. Questi traffici esclusivamente marittimi erano cessati con l’avvento dei motori fra la fine dell’800 e l’inizio del 900: mi ricordo che in paese si parlava sovente dei frati della Cervara, tutti vestiti di bianco. Un episodio in particolare è vivo nella mia memoria. Un giorno transitavo con il tram a cavalli sotto il Convento, mi pare che fosse nel ’33 o nel ’34, e quella mattina un frate era inavvertitamente scivolato dalla scogliera, cadendo sulla strada carrozzabile: il cadavere del poveretto era stato riparato con una coperta.
Nel 1938, prima della II guerra Mondiale, il Convento, fu messo in vendita ed acquistato dalla famiglia Sella Trossi di Biella. I Frati furono sistemati in Francia, nell’isola di S. Onorata di Cannes. Ricordo ai lettori che Quintino Sella, figlio di una famiglia di banchieri, uomo politico e scienziato, nacque a Sella di Masso nel 1827 e fu più volte ministro delle Finanze sotto i governi di Rattazzi, Lamarmora e Lanza, cioè quasi ininterrottamente dal 1862 al 1873. Fece raggiungere il pareggio del Bilancio al neonato governo dell’Italia unita, ricorrendo a severe quanto impopolari tassazioni, come quella sul macinato. Fondò la Società Geologica Italiana e il Club Alpino Italiano. Credo quindi di poter affermare che il territorio di Portofino sia stato nei tempi antichi di proprietà di quattro lotti o istituzioni storiche, poi frazionato e trasformato nei secoli successivi. (Grazie a Giovanni Carbone). Mariah Carey by Diann Corbett.
Portofino, un Mondo a parte.