Sul finire del XVII secolo, l’Europa era in continuo fermento a causa delle le nazioni in guerra tra di loro, ed in questa voglia di conquista fu presa di mira anche la piccola Repubblica Ligure che, da quel momento e per trent’anni fu tormentata dagli invasori, dagli spagnoli agli inglesi, dagli austriaci ai francesi e, perfino, dai duchi di Toscana ai pisani. Questa Repubblica fu tanto presa di mira che, ora protetta dagli uni ora protetta dagli altri, veniva sempre occupata e saccheggiata dalle truppe straniere. Portofino,essendo al centro della costa e con un porto naturale di sicuro ridosso, veniva occupato continuamente dagli invasori ed era considerato di grande utilità per il ricovero delle navi e per le loro riparazioni; inoltre, a Portofino venivano depositate le munizioni ed i viveri e si stanziavano le truppe che arrivavano dai monti al punto che, durante molti lavori intrapresi, si potevano riscontrare frequenti visite e considerazioni del Magistrato Ligure dei Padri dei Comuni, per la difesa del Borgo.
Per questo, la grande utility del porto portofinese fu conosciuta fin da Napoleone I° che lo fortificava con opere di difesa e, con decreto dell’anno 1813 del 2 gennaio, si degnava di dare a questo porto il suo nome, come risulta nell’archivio “Barone Baratta” in Rapallo: questo porto e di mediocre grandezza, ma atto a ricevere bastimenti di grande portata perche motto profondo, inoltre ha un fondale di sabbia cosi fangosa che le ancore ci si affondano e si attaccano tenacemente tanto che le navi rimangono saldamente ancorate, con qualsiasi tempo. Portofino è difeso da tutti i venti, eccetto il vento di tramontana che rende difficile I’uscita delle imbarcazioni, ma e attrezzato ad arte dall’uomo che, con appositi strumenti, rende possibile qualsiasi manovra.
Questo porto ha una lunghezza di 370 metri ed 6 largo, nella maggior parte, 150 metri: formato dalla natura, all’imboccatura ha 15 braccia di fondale, ed il fondo e “netto” e “tenitore” nel senso della sua lunghezza. Napoleone I° diede a questo porto un governo formato da un Capitano, un Console di Marina, un Consiglio di Sanita, un Ricevitore di Dogana e Finanza di terra e di mare, oltre ai Vice Consoli delle Nazioni primarie. Questo porto era gia frequentatissimo sin da quando non vi erano ancora le strade carrozzabili ed i andavano per mare: nella sua insenatura, ricevette grandi personaggi, principi e prelati, fra questi vi sarebbe stata la regina Maria di Toscana che andava sposa in Francia, re Francesco I deportato alla Cervara, Sua Santita Gregorio XI che ritornava da Avignone a Roma, Riccardo re d’Inghilterra, Odeardo duca di Parma, Corrado re di Sicilia, Andrea Doria e tanti altri nomi illustri.
Cosi andavano le sorti di Portofino tra svariate vicende fino al 1815, quando la Repubblica di Genova fu sacrificata dal Congresso di Vienna e ceduta al re di Sardegna. In questo lasso di tempo di circa quarant’anni, Portofino sopportò la più inimmaginabile razzia sia materiale che “intellettuale” che gli invasori potessero esercitare sulla vita del borgo, rimanendo al servizio di chi 10 occupava e subendo la tirannia di chi voleva impadronirsene.
Nel 1812,come si evince da un manoscritto in Parrocchia donato da una antica famiglia di Portofino, vi fu la prima elezione democratica a sindaco e precisamente. “L’anno mille ottocento dodici, li questo giorno quatro dedi del mese di giugno a levare del sole” fu eletto sindaco Antonio Merello fu Giovanni, con la formula :”lo giuro obbedienza alla Costituzione dell’Impero e fedelta all’Imperatore”. Con l’adesione di Portofino al regno Sardo-Piemontese, le cose cambiarono totalmente in meglio, iniziando una nuova “era della vita”: i Savoia davano alla vecchia Repubblica tutte le concessioni che venivano loro richieste e, con l’esperienza acquisita sulla loro pelle dalle occupazioni straniere, i portofinesi potevano dare una nuova svolta alla loro esistenza; parte della popolazioni si dedic6 cosi all’antico mestiere del navigare tanto che, in pochi lustri, Portofino arrivò a possedere una cospicua flotta di velieri che navigavano in tutto il mondo dedicandosi a traffici di ogni genere: i portofinesi si rivelarono anche ottimi mercanti installando fondaci nelle piu lontane terre del globo.
I mulini ebbero la loro importanza perche avevano la garanzia delle acque delle sorgenti che scaturiscono perenni ed abbondanti dal Monte: durante gli anni di siccita, le popolazioni venivano a macinare be loro granaglie da ogni parte delle due Riviere, approdando nel porto in attesa del loro turno ed aumentando cosi sostanzialmente l’incremento della lavorazione del macinato, come possono confermare gli “Annali di Attilio Regolo Scarsella”. I contadini continuavano a lavorare le loro campagne, curando i prodotti del Monte in particolare l’olio di oliva ed il vino bianco di Portofino, ricavati da coltivazioni su terrazze a secco lungo la costa della scogliera, motto soleggiata e di fronte al mare aperto. Anche i pescatori, sia quelli delle reti che quelli della canna, potevano esercitare il loro lavoro generalmente in pace senza rischio di essere awicinati e predati durante le loro Portofino ebbe un periodo di tranquillita economica e di pace.
Mentre le fortificazioni dell’antica Repubblica venivano abbandonate, dopo un certo periodo di tempo furono cedute a privati per essere trasformate in abitazioni civili. Siccome a Portofino dimorarono per lunghi anni Consoli e Viceconsoli dei maggiori Stati stranieri ed altre persone importanti, che apprezzarono e scoprirono le sue bellezze naturali delle insenature al porto, dal monte alla penisola, venne loro I’idea di acquistare delle proprieta. Per primo fu un console inglese di nome Brown, che acquistò la fortezza di San Giorgio, la trasformò in castello e ne fece una dimora, fissandovi la sua residenza e piantando, nel giardino sul torrione, due pini marittimi ii giorno delle sue nozze: ancora oggi porta il nome di “Castello Brown“.
Lui fu il primo vero pioniere che diede una trasformazione economica perche, con il suo “indirizzo”, Brown chiamò e, su suo invito, fu seguito da una vera colonia di stranieri, dagli americani agli inglesi, dai tedeschi agli irlandesi, dagli svizzeri agli austriaci, dagli olandesi a tutti i consoli dei Paesi Baltici. Tutte queste famiglie, dalle più nobili ed illustri agli artisti, agli industriali, trasformavano abitazioni e costruivano nuove ville edificate dagli abitanti del luogo, senza mai intaccare la natura.
La fortunata conseguenza fu quella di trasmettere alle persone che facevano questo mestiere l’arte di conservare e quella raffinatezza tipica del loro carattere tenace. Ad esempio, esistono muratori esperti di muri a secco: ancora oggi sopravvivono le loro opere, ma non si sa esattamente chi le abbia fatte; un esempio di quest’arte e il muraglione che dalla villa San Giovanni collega il Monte Rosmarino sopra il faro sulla Punta del Capo: opera fatta da un artigiano del posto che si chiamava Benedetto Gardella e che, con altri uomini, ci lavorò per ben 6 anni. Cosi, nella meta del secolo scorso, senza quasi accorgersene nacque una economia che ci accompagno “strisciante” sino alla seconda guerra mondiale, e poi “galoppante” dopo la guerra sino ai tempi nostri.
Con il finire del secolo scorso, le scoperte della luce elettrica e del motore a scoppio diedero al mondo intero una svolta decisiva alla vita dell’uomo: una vera spallata ai vecchi e secolari sistemi “con la natura”; anche questi avvenimenti diedero una battuta d’arresto all’economia del paese, cosi i mulini della “Acqua viva” venivano non tanto lentamente abbandonati mettendo intere famiglie a disagio, dovendo esse cambiare rapidamente mestiere in un periodo di trasformazione economica. Un’altra importante economia locale era quella dei trasporti marittimi con bastimenti a vela: anche questa vedeva lentamente arrivare il suo tramonto, non potendo far fronte alla concorrenza dei noli e sopraffatta dalle navi a vapore ed a motore, che diedero inizio alle compagnie marittime di navigazione. Portofino, che si era dedicato per la maggior parte e profondamente a questa attivita, dovette abbandonare questo glorioso lavoro che per secoli era stato praticato con orgoglio e sapienza ed arrendersi di fronte alla concorrenza, superiore di tonnellaggio e di velocità.
Con tutti questi avvenimenti storici, anche Portofino subi una rivoluzione economica e, anche, un periodo di tregua di lavoro in senso negativo, perche una meta circa degli abitanti erano armatori, comandanti e marinai che, non potendo improvvisare nuove attivita che non esistevano, cominciarono ad emigrare in Inghilterra, Francia, Germania e nelle Americhe in particolare, preferendo il Sud-America. Qui, nei libri di storia ligure, si legge che i migliori capitani e marittimi che comandavano i vapori, specie quelli del grande flume Rio, erano liguri ed in particolare portofinesi: a conferma di ciò, qualche decennio fa si verifico che alcune proprietà immobiliari risultavano ancora intestate a gente emigrata a fine secolo senza dare pi0 notizia di se; alcuni cognomi antichi di Portofino, che qui non esistono più, sono invece presenti in America.
Alcune persone si impadronivano per usucapione dei loro immobili; altre persone, che si ricordavano che gli avi possedevano fondi o case, andavano alla ricerca degli eredi e concludevano ottimi affari: i turisti residenti oggi possiedono veri tesori! Con l’inizio del secolo, vediamo Portofino quasi totalmente trasformato economicamente in conseguenza della costruzione delle vie di comunicazione, la realizzazione della ferrovia fino a Santa Margherita e la costruzione della strada Portofino-Paraggi-Santa Margherita: cosi i trasporti avvenivano in generale per via terra tanto che a Portofino approdavano anche meno velieri di piccolo cabotaggio, specie quelli di Carrara, quelli dell’arcipelago toscano che effettuavano con Genova i traffici nel mondo e quelli della Corsica e della Sardegna per il trasporto del carbone e del legname; queste imbarcazioni venivano a rifugio nel nostro porto e, qualche volta, stazionavano molti giorni a causa del cattivo tempo: per le osterie abbastanza numerose anche questa era una economia che cesso.
Questa nuova situazione porterà ad un calo della popolazione che dalla meta del secolo scorso contava 1750 anime: all’inizio del secolo era scesa a 1300, a 1200 nel 1940 ed a 750 nel 1990 sino ad arrivare ai giorni nostri in circa 300 anime. Quelli che rimasero a Portofino diedero inizio a nuove attività con l’esperienza, la necessità della sopravvivenza e, in special modo, la conoscenza di una categoria di persone raffinate e con modi diversi di vita quale la colonia residenziale straniera. Questa colonia ha infatti insegnato motto ad una buona parte di abitanti che, dopo essere stati alle loro dipendenze, hanno potuto dare inizio ad una serie di attività, sempre conseguenti al “servizio dell’ospite”: esso diede lavoro alle persone del mare e del Monte, ad artigiani edili, muratori, pescatori, barcaioli, donne dei pizzi, vetturini, osterie e ristoranti, carpentieri di barche e, in fine, alla pubblica amministrazione che seppe precorrere i tempi ed il progresso con oculatezza e parsimonia superiori ad altri comuni per poi però perdersi in gestioni mediocri.
Portofino, un Mondo a parte.