Una parte di popolazione di Portofino esercitava il mestiere di mugnaio lungo il torrente della “Acqua viva“, che prende il nome di “viva” perche, quasi in vetta al Monte a 400 metri sopra il livello del mare, esistono delle sorgenti perenni che scaturiscono al confine di due qualita di pietra: da una parte, la roccia di Portofino detta “pudinga“, dall’altra la pietra detta “dell’Antola”. Da queste sorgenti scaturisce una buona quantity d’acqua, almeno 1300 metri cubi giornalieri, anche se in periodi di massima siccita diminuisce di portata, ma 6 sempre sufficiente al funzionamento dei mulini a ruota. Cosi, da tempo remoto, venivano costruiti degli edifici con annessa abitazione per poter esercitare il mestiere di mugnaio, avendo la tranquillity del lavoro sicuro: questa economia garantiva lavoro sicuro alle famiglie che, con il tempo, erano diventate ben 35, anche altre persone venivano coinvolte nel lavoro per il trasporto delle granaglie, specie gli abitanti del porto nel periodo estivo e di siccita quando, dalle due riviere, raggiungevano Portofino con le imbarcazioni per macinare i loro prodotti.
Oltre il frumento, lavoravano anche la crusca di pino (cio6 la corteccia) per tingere e, cosa più importante, per conservare le reti dei pescatori: c’erano inoltre i frantoi per macinare le olive, i lavatoi per estrarre l’olio dalla sansa e ricavare i noccioli per be stufe e per i forni. I mulini appartenevano a famiglie di portofinesi e qualche mulino esisteva anche nel fossato della “Acqua morta”, nel territorio di Santa Margherita. Occupandomi della storia dell’acqua, scoprii che alcune famiglie erano, e sono ancora oggi, proprietarie degli stessi ruderi dei vecchi mulini come di appartamenti e terreni in Portofino.
I nomi che si conoscono ancora oggi sono delle famiglie dei Devoto, dei Carbone Vignale, degli Arata, dei Vassallo, dei Crovo Schiaffino, dei Gallotti, dei Guerello, dei Baratta, dei Prato e dei Costa. Questo elenco dei mulini e stato realizzato a memoria d’uomo con l’aiuto di Emanuele Borzone, detto “Picin”, nato proprio in localita Mulini e proprietario, insieme ai fratelli, dell’ultimo frantoio da olive con la macina a pila esistente sul Monte: 6 quindi possibile qualche inesattezza, the deve essere scusata, sui riferimenti alle varie proprieta.
Partendo da Paraggi, troviamo: 1) Mulino e lavatoio di sansa dei Devoto, oggi di proprieta dell’ingegnier Gardella. 2) Mulino-frantoio da olive e lavatoio dei Devoto, detti “Gattine”, oggi di proprieta del Comune di Santa Margherita e trasformato nel ristorante “Teresina”. 3) Mulino da frumento di Arata, detto “S. Quirico”, questo e stato trasformato a turbina ed a stato /’ultimo in funzione fino al 1920. 4) Rudere, diventato di proprieta dei Gardella di Villa Grande. 5) Mulino da frumento in localita Eremiti con annessa abitazione, di proprieta Broccardo. 6) e 7) Due ruderi dei Vassallo, oggi di proprieta Consigliere. 8) Mulino, detto “di Caterina”, oggi di proprieta Broccardi. 9) Mulino da frumento con abitazione, detto “dell’uva”, dei Carbone, oggi di proprieta Broccardi. 10) Mulinetto, oggi deposito di legna di proprieta Zozzani. 11) Mulino-frantoio da crusca di pino dei Crovo, proprieta Schiaffino. 12) e 13) Due mulini da frumento con abitazione di propriety Giuffra. 14) Frantoio da olive con abitazione, detto “dei Randoni”, propriety Gallotti. 15) Mulino-frantoio da olive in località Puntiggio con abitazione, propriety Zozzani. 16) Rudere con evidente abitazione. 17) Rudere. 18) Mulino dei Carbone, detti “Sciuiela”, propriety Borzone. 19) Mulino da frumento, poi frantoio da olive, propriety Borzone. 20) Frantoio da olive dei Devoto, oggi di propriety del Comune di Santa Margherita. 21) e 22) Ruderi. 23) Mulino, detto “di cò” —(cioè alto), di Caterina Brotto, detta “la Gobba”.
Come si accenna sopra, altri esistevano lungo il torrente della “Acqua morta“: questo nome gli venne attribuito in quanto l’acqua, nel periodo estivo, ha un notevole abbassamento di portata dalle sorgenti del monte Pollone. Detti mulini avevano un regolamento da rispettare per I’uso delle acque, perche la dovevano passare integralmente da un mulino all’altro e, per il rispetto di questa consuetudine, esisteva un “Magistrato delle Acque” che sovrintendeva il loro use normale: questo Magistrato abitava a Paraggi dove oggi vi l’albergo Baia. Credo che (‘ultimo magistrato si chiamasse Rossetti che, dopo la scoperta della luce elettrica, insieme a Tamburelli costruirono un acquedotto per l’acqua potabile in tubi di ghisa, che venivano importati dall’Inghilterra. Cosi come avvenne nella marineria, anche i mulini ed i loro mugnai dovettero ripiegare ad altri mestieri, poiche proprio in quei tempi Portofino era considerata un’isola senza accessi terrestri e, quindi, era motto difficile trovare una “soluzione di sopravvivenza”. (Grazie a Giovanni Carbone).
Portofino, un Mondo a parte.