“La patria è nei luoghi dove l’anima è incatenata” scrisse Voltaire, il grande pensatore francese. Federico Nietzsche ci conferma questa affermazione e ci dimostra come ci sia un nesso profondo tra i luoghi che hanno ispirato artisti e intellettuali e le loro opere. Nel suo “Ecce homo” egli definì Portofino un piccolo dimenticato universo di felicità. Il fascino magico di Portofino è mi sogno da svegli! Non molti sanno che qui egli scrisse a Portofino buona parte del suo “Also sprach Zarathustra” (Così parlò Zarathustra). Qui, quando fa l’apologia della voluttà e della sensualità, ci descrive il promontorio in questi termini: “In sogno, in un ultimo sogno mattutino, mi trovavo su un promontorio, al di là del mondo, tnevo una bilancia e pesavo il mondo”.
Del suo soggiorno a Portofino, che coincise con uno dei periodi più importanti della sua vita, esistono poche tracce, e quelle poche dovute alla sua penna in alcune lettere e in un memoriale. La prima parte dell’opera sopraccitata nacque nel 1883 «nell’insenatura preziosa e quieta di Rapallo, intagliata tra Chiavari e il monte di Portofino». In una lettera del dicembre dello stesso anno, indirizzata a Peter Gast, Nietzsche scrive: «Il mio regno si estende adesso da Portofino a Zoagli: io abito al centro, cioè a Rapallo, ma le mie passeggiate mi conducono ogni giorno ai detti confini del mio regno. Il monte principale di questa zona, a cui si ascende dalla mia abitazione, si chiama Monte Allegro: un buon nome».
Ma il soggiorno rapallino non fu proprio dei migliori, per via delle non buone condizioni di salute. Inoltre quell’inverno del 1883 fu freddo e oltremodo piovoso. Nietzsche soggiornava in un alberghetto in riva al mare: il Marsala, l’attuale “Vesuvio” e la notte il frangere delle onde gl’impediva di dormire. Probabilmente fu durante le ore d’insonnia che scrisse la famosa opera. Nonostante la salute precaria e le condizioni sfavorevoli, “Zarathustra” nacque proprio in quell’inverno. Tutto l’insieme sembrava offrire al filosofo l’opposto del desiderabile ma, com’egli ebbe a scrivere: «Tutto ciò che è decisivo nasce, nonostante tutto». Per lenire, in parte, questo dolore che lo portava a pensare a un’imminente “fine di tutto”, il pensatore tedesco aveva, durante il giomo, modo di ritemprarsi lo spirito con lunghe passeggiate, come lui stesso racconterà. La mattina andava verso sud, salendo per la splendida strada che porta a Zoagli, in mezzo ai pini, con l’ampia distesa del mare sottostante. II pomeriggio, invece, ogni volta che la salute glielo consentiva, faceva il giro di tutta la baia di Santa Margherita Ligure arrivando sin dietro a Portofino.
L’opera venne terminata nell’aprile 1885 in un’altra splendida località, que-sta volta montana; Maria Sils nell’Engadina. Nietzsche ritornò nel Tigullio nel novembre 1896 ma, anzichè Rapallo, questa volta scelse Ruta di Camogli, a pochi chilometri dalla frazione sammargheritese di San Lorenzo della Costa. Lì soggiornò in una modesta camera di una pensioncina anzi una osteriola di campagna con vista sul mare, ma distante dal fragore delle onde. La sua permanenza a Ruta si protrasse fino al marzo 1887. Ritornò l’anno successivo, nei mesi di febbraio e marzo. C’è chi sostiene che “Zarathustra” venne completato a Ruta ma, come abbiamo potuto vedere, nel 1886 l’opera era terminata da un anno e il dottor Nietzsche era già abbastanza noto anche se la sua fama era solo agli inizi. Da Ruta egli, parlando del promontorio di Portofino scrisse così: «Bisogna figurarsi un’isola nell’arcipelago ellenico, su cui montagna e foresta si alternano capricciosamente, che un giorno, chissa per quale fenomeno, abbia navigato verso la terraferma e vi sia ancorata senza staccarsene».
La natura del monte di Portofino raffigura alla perfezione l’ideale della perfezione apollineo-dionisiaca ideata da Nietzsche. La filosofia del grande pensatore si basa sia su un’ardente ed entusiastico amore della vita che sull’esaltazione dei valori aristocratici: l’estetica, la sensualità, la cultura, cioè la vita nel senso aristocratico più completo. Tra il 1888 ed il 1889 la follia, che stava in agguato, lo ghermì definitivamente a Torino. Seguì un decennio di tenebra e già di morte, vegliato dalle cure della madre, prima, e della sorella, poi. Ma la sua dottrina del superuomo era destinata a varcare i confini della Liguria e a influenzare alcune scelte politiche successive. Di lui Nicola Abbagnano, uno dei massimi filosofi contemporanei, anch’egli assiduo frequentatore del Tigullio, dice: «Come Platone voleva che la guida dell’umanità fosse affidata ai filosofi, ma non a quelli che lui considerava operai della filosofia, ma a quelli che fossero anche legislatori e dominatori e adoperassero la verità ai fini della potenza».
Nietzsche morì il 25 agosto 1900 all’età di cinquantasei anni, quando la pazzia lo aveva ormai dominato completamente. Di certo gli anni del Tigullio rappresentarono l’ultimo suo periodo di serenità. Qui aveva cercato un po’ di conforto alla sua lucida follia. Ma più di ogni altra cosa, sulle due strade, quella per Zoagli e quella per Portofino, aveva trovato l’ispirazione giusta. “In quell’ambiente incontrai tutto il prima Zarathustra” lascerà scritto in un memoriale “… e soprattutto il tipo di Zarathustra stesso; più esattamente, mi assalì…”.
Federico Nietzsche
1844-1900
Portofino, un Mondo a parte.