L’origine del nome di Portofino,l’antico Portus Delphini, e incerta; tra le varie ipotesi, tre sono le pied probabili: quella che lo fa derivare dal gran numero di delfini che hanno sempre popolato le acque circostanti ed il porto stesso; una seconda ipotesi, forse la meno probabile, che potrebbe far risalire il nome alla singolare somiglianza della forma della Penisola di San Giorgio che, vista dalla Collina del Campo del Monte, 6 quella di un delfino che affiora dalle acque, e un’ultima ipotesi, doe quella che il Promontorio di Portofino fosse sempre stato circondato da alberi di pino molto rigogliosi, da cui ii nome “Porto Pino”. Portofino certamente esisteva gia durante la dominazione Romana, ma non ne fu particolarmente sconvolto: la Penisola di Portofino divideva i Genuati dai Tigulli e l’importanza di Portofino crebbe sin dal Medioevo come punto d’approdo e di sicuro rifugio per le navi. Molte notizie sono state rilevate dagli archivi delle famiglie degli armatori, come risulta dai libri dei bastimenti di Liguria, dall’archivio Mercantile di Genova e da parecchi libri di storia ligure: voglio citarne diverse edizioni che tengo nel mio piccolissimo archivio storico. 1 – “Saggio storico civile e religioso del Comune di Portofino”, dedicato al portofinese Monsignor Salvatore Magnasco, arcivescovo di Genova. Tipografia : Letture Cattoliche, 1876. 2 – “Appunti di Davegno” in L’Archivio Comunale di Portofino, un episodio del 1814 in Liguria. S. A. I. G. A. gia F Ili Armanino, Genova, 1908. In quel tempo dall’abate Medalberto
Fu solo nel 1171 che i portofinesi riuscirono a liberarsi dalla sottomissione dell’abate di San Fruttuoso e passarono sotto Rapallo: da quel momento, l’importanza strategica di Portofino va crescendo E sempre più spesso, il suo porto sicuro offre riparo ai convogli in transito. II 14 agosto 1190, la flotta di Riccardo Cuor di Leone diretta in Terrasanta per la III Crociata, fece sosta nella baia. II 25 aprile 1241, le 27 galee chE scortavano gli alti prelati al Concilio di Lione, gettarono le ancore nella baia di Portofino. Nel 1376, le avversi condizioni del mare costrinsero per ben due volte Gregorio XI, (‘ultimo Papa francese, a trovare rifugio a Portofino durante il trasferimento da Marsiglia a Roma. Verso 111400, Carlo VI di Francia, nemico di Genova vendette Portofino a Firenze, ma ben presto Genova se la riprese riscattandola dalla citta toscana. Nel 1525, fecero sosta le galee che sorvegliavano Francesco I, re di Francia, prigioniero di Carlo V, in attesa della flotta che doveva scortar l’illustre prigioniero in Spagna. Fino ai primi dell’800 furono francesi, austriaci, inglesi e spagnoli a contendersi a turno il possesso di Portofino: la spuntò Napoleone. Egli fece anche plan tare sul Monte, completamente spoglio, pini marittimi per Lit. 200. 000 di allora! Quello che io vorrei scrivere, per lasciare un ricordo reale nel tempo, 6 la storia contemporanea, architettonica ed economica, che questo borgo ha vissuto nell’arco di circa 150 anni. Leggendo i sopracitati libri, si deduce che Portofino e collocato al centro e sulla punta della sua insenatura naturale, che rimane geograficamente nella costa fra La Spezia e Genova: da millenni, quindi, sta in un’importantissima posizione per i traffici delle vie del mare. II contatto degli abitanti del luogo con il mondo esterno, con delle abitudini diverse dalle loro, apri la possibilità di acquisire esperienze varie, specialmente economiche.
Cosi nascono le abitazioni, costruzioni lungo la riva della Calata, le prime ad essere eseguite perche erano favorite sia per i traffici marittimi sia per l’esposizione al sole, dopo i “carrugi” ed il Molo fino al vicolo Carabraghe. Ognuno, per ragioni di indipendenza, di risparmio e di disponibilita economica, costruiva la propria casa al confine l’una dell’altra, senza nessuna distanza, ma con le scale di accesso indipendenti, come si può constatare ancora oggi: le altezze di ogni singola costruzione erano e sono diverse, perche si rialzavano ogni tanto secondo le esigenze familiari di spazio e di disponibilita economica e, con lo stesso criterio, sono arrivate sino ai tempi nostri. Si ha la conferma di tutto questo vedendo e confrontando be fotografie di Portofino oggi con quelle del secolo scorso. Quando ero un ragazzino di 12 anni, ricordo di aver lavorato come garzone nell’impresa di Gerolamo Viacava: col tempo, avevo più volte notato che, nello scrostare gli intonaci all’interno delle case, ai piani inferiori si notavano i segni dei tetti di ardesia addirittura sopra-costruiti, oppure vedevo la differenza dei materiali adoperati nei vari piani, diversi per qualita e per forma, nonche la differenza delle malte e della qualità delle pietre. Queste pietre vengono dalla costa di Zoagli, detta “le Ligge“, e dovevano essere trasportate con be barche. Dalla qualita dei materiali, come ad esempio dalla forma e dal tipo di cottura dei mattoni, si poteva risalire alle varie epoche di costruzione.
Quindi si può confermare che le caratteristiche architettoniche sono “spontanee”, doe senza alcun tipo di progettazione o di programmazione urbanistica: ancora oggi, per esempio, sono evidenti i segni delle cisterne ricavate nelle abitazioni. Se, sino agli inizi del secolo, non tutti avevano i servizi igienici nelle abitazioni, non parliamo poi dell’acqua potabile che, in Portofino, si attingeva da tre pozzi artesiani: uno davanti all’Oratorio, l’altro nella Piazza detta “delle Carrozze“, e un altro in Vico Nuovo; i Iavatoi per lavare i panni esistevano solamente nella “spiaggia del cannone”, dove c’e ancora oggi una sorgente perenne e dove anche i bastimenti, che sostavano nel porto, si approvvigionavano d’acqua. Quando eravamo bambini, le nostre mamme, per farci star buoni nell’attesa del proprio turno e del tempo necessario per fare il bucato, ci raccontavano che sarebbe arrivato l’uomo cattivo di nome “lavatemi-i-miei-panni !” e che avrebbero perso altro tempo: cosi stavamo tranquilli e non ci litigavamo.
Riguardo i servizi igienici, mi ricordo che i vecchi mi raccontavano che le famiglie della Calata versavano gli escrementi in mare, mentre quelle dei vicoli avevano delle fosse ricavate nella terra nelle vicinanze delle abitazioni. Si racconta tutto questo perche, nella storia antica del borgo, non si fa alcun cenno della sua nascita e delle sue origini: quando confinarono Napoleone a Sant’ Elena, “una guarnigione di portofinesi, che era andata volontaria a Tolone in aiuto delle truppe francesi”, dalla paura di essere perseguitati, it giorno del falò di San Giorgio che ricorre il 23 aprile di ogni anno in onore del Santo, avevano sfondato la porta del Comune, che allora era situato al secondo piano sulla attuale Calata Marconi sopra il bar “La Gritta”, e avevano gettato nel falò tutti i documenti che esistevano all’interno del Municipio: per questo motivo, se ne perse ogni traccia e, insieme, tutta la storia delle origini di Portofino.
Un avvocato del posto facente funzioni di sindaco, il signor Davegno, raccolse per strada qualche foglio, come si vede nell’allegato, e, insieme ad i racconti dei suoi avi, diede inizio ad una seconda storia di Portofino, nel libro “Le memorie di Davegno”. Ecco cosa scrive il Davegno al “Maire” di Chiavari riguardo agli avvenimenti di quel giorno, il 24 Aprile 1814, il giorno dopo il fall di San Giorgio: “Devo avvisarvi, signore, con sommo mio rincrescimento del strano avvenimento successo ieri sera in occasione dell’illuminazione e fuoco preparato per solennizzare la festa di S. Giorgio al solito di tutti gli anni. Alcuni marinai venuti dall’armata di Tolone disertori, si fecero capi di una specie di attruppamento, ai quali si unirono una folla di ragazzi ed altra gente che ancora non sono a mia cognizione, altro che due i più noti, cioe Giuseppe Luigi Guarello q. m Giuseppe, e Giuseppe Merello fu Emanuele. Portatisi questi dall’ex Sindaco di Marina l’insultarono e dimandarono i ruoli, ossia matricole che teneva presso di esso per consegnarli alle fiamme. Questi fece qualche resistenza, ma fu obbligato a nascondersi temendo d’essere battuto, ed essi li presero tutte le matrici e fogli che trovarono. Dopo questa operazione che duro quasi un ora, si indirizzarono i medesimi verso la mia casa ove io mi trovavo ed avvedutomi della loro intenzione chiusi bene e cautelai la porta agli insulti.
Furono essi fermati mezzo alle scale dal mio Segretario chiedendole cosa pretendevano fare; al quale risposero volere i Registri dei disertori per abbruciarli, che cosi avevano fatto nelle altre comuni. Le fu dal Segretario risposto che al Maire non si conservava alcun Registro dei disertori, e che le carte e libri che si conservano in Mairie non devono essere bruciati poiche fra questi la maggior parte appartengono alla contabilità del Comune stesso, ed altre sono necessarie conservarle per memoria dei posteri, e d’altronde il nuovo Governo e l’intenzione di S. E. II Generale Comandante le forze britanniche esigge che le Mairie siano rispettate. A queste ragioni dimostrarono restar persuasi e non fecero altra inchiesta. Sortiti, andarono a girare alle case del Ricevitore di Dogana, Diritti Riuniti, ecc, per farsi consegnare i loro Registri destinati tutti per lo stesso oggetto. Credevo io fossero rimasti contenti ma non stimai però sortire di casa essendo l’ora tarda, verso le otto e mezza di sera, per non espormi a nuovi attentati d’una furia popolare. Ma ecco che quando meno vi pensavo fui avvisato che da questi stessi era assalita la Mairie, quale esiste in una strada alquanto distante dalla mia casa, e andavano sbarazzando tutto quanto trovavano nella medesima. Si parti un mio nipote per vedere se poteva riparare a tale inconveniente, ma trovo che non solo erano state levate le carte, ma anche la sganzia, scrittoio, e gia tutto consegnato al fuoco che avevano prima acceso. (Grazie a Giovanni Carbone)
Portofino, un Mondo a parte.